Al “benpensante” a forza di pensarla come gli altri, diceva Luciano de Crescenzo, gli si è atrofizzato il cervello. E non aveva tutti i torti.
Se avete letto Anna Karenina, vi ricorderete del marito di Anna, Aleksej Karenin. Non è un uomo malvagio, il problema di quest’uomo è che semplicemente non è un uomo. La moglie la tradisce e il suo unico pensiero, qual è? Preservare le apparenze. È il burocrate per eccellenza, tutto ciò che è sentimento, passione, amore sincero, rabbia, non trova semplicemente posto nella sua vita. Si rifiuta con cieca ostinazione di concedere ad Anna il divorzio, la vede soffrire, logorarsi nell’attesa, ma non fa nulla, non muove un dito per aiutarla. E alla fine Anna, emarginata da quella stessa società che praticava liberamente l’adulterio a patto che venissero mantenute le apparenze, si toglie la vita.
Non essere e neanche avere ma “apparire”: ecco l’unica cosa che conta per tali individui. «Viviamo in un mondo in cui il funerale è più importante del morto, il matrimonio più dell'amore, il corpo più dell'intelletto e dell'anima della persona. Viviamo la cultura del contenitore che se ne frega del contenuto.» La cultura delle apparenze va anche a braccetto con la censura.
Censurare, proibire, vietare, ancora oggi i moralisti come Aleksej Karenin sono in ogni dove. Sono quelli che vi vietano di leggere 1984 di George Orwell perché, secondo l’università del North Hampton, “contiene del materiale che potrebbe essere sconfortante e pericoloso“. Sono quelli che per la stessa ragione boicottano la letteratura russa o un’innocua festa popolare. Ricordate l’assurda polemica sulla cosiddetta “festa delle banane”?
Il censore non è soltanto chi vieta alle donne d’indossare una gonna o di fumare in pubblico o di divorziare. Il censore è colui che si arroga il diritto, in nome della religione, della morale, di qualsiasi idea gli passi nel cervello, di dire alle donne, alla gente, cosa pensare, cosa fare. Perché? Perché chi sente e ragiona con la propria testa e il proprio cuore non è facilmente asservibile.
G. Middei