LETTERATURA (2319)

Festa del gatto ❤️

Pensaci bene
prima di prendere un gatto.
Ti farà credere che sia stato tu
ad averlo trovato
in mezzo alla strada
in un cassonetto
dentro un gattile.
Ti farà credere che sia stato tu
ad averlo salvato
che incontrarvi sia stata fortuna
pura casualità
quando invece era lì ad aspettarti
quando invece era il vostro appuntamento
fin da sempre.
 
Pensaci bene prima di prendere un gatto.
In quegli occhi si entra una volta
per poi non uscire mai più.
Sappi che di quell’amore
puro
infinito
e randagio
non potrai mai più liberarti.
I gatti amano per volontà
non per bisogno, non per istinto
i gatti amano per essere liberi.
 
Pensaci bene prima di prendere un gatto
che prendere poi, è un termine inadeguato, sciatto.
Sbagliato.
Un gatto non si prende né si adotta
un gatto si custodisce.
E ricordarti che dovrai accettare il suo caos
la sua elegante arroganza
i suoi attimi di smisurata dolcezza
prenderti cura della sua solitudine
dei suoi momenti di incantevole assenza.
Pensati come a un primo appuntamento
che ogni istante si ripete.
Circondalo di attenzioni, sempre
come un amante corteggia la sua dama
con dolci parole
e infinite carezze.
Sappi che ogni istante lui sa dove ti trovi
come ti senti
e di cosa hai bisogno per essere felice.
 
Pensaci bene prima di prendere un gatto
perché nessuno più di lui
sa di cosa è fatto l’amore. 
Parlo del rispetto dei propri spazi
e dei propri umori.
Parlo del bisogno di nascondersi
a volte
da tutto e da tutti.
Parlo di saper riconoscere
quando è inutile insistere
perché avvicinandosi a volte ci si perde
e di quando insistere, invece
è l’unico modo per tornare a stare vicini.
Parlo dell’arte
di sapersi osservare da lontano
dove ogni cosa acquista la sua forma.
Parlo di saper riconoscere la meraviglia
di volersi entrambi
in quei momenti di rara bellezza
che rimangono impressi per sempre. 
Parlo di quando all’improvviso
dal nulla più assoluto
si accende la follia
e si inizia a correre come pazzi
a giocare come ragazzini
buffi e ridicoli
come rendersi conto
che la felicità va abbracciata
graffiata, protetta.
Perché può durare un attimo. 
 
Ma soprattutto
pensaci bene prima di prendere un gatto
perché arriverà il giorno in cui dovrai dirgli addio.
E saprà stupirti di nuovo
come ha fatto per tutta la sua vita.
Mentre non riesce più a reggersi in piedi.
Mentre è sdraiato da giorni lì
nello stesso punto di casa
dove ha scelto di morire.
Mentre non vuole nessuno vicino, tranne te.
E con le ultime forze ancora ti urla il suo amore.
Le fusa che gli escono strane e spente, stonate.
Ma che tu ricorderai
come il canto più dolce
che ti sia stato concesso ascoltare.
Non cercare di dimenticarlo quel dolore, di vincerlo.
Non si può.
Una parte di te si è spenta con lui.
Una parte di te, si è perduta, per sempre.
Andrew Faber
 
[Oggi, 17 Febbraio - Festa Nazionale del Gatto]
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Lo sapevate che… Camille Claudel fu la musa e l’amante di Rodin, ma anche una scultrice straordinaria, rinchiusa in manicomio in quanto donna libera. 
 
Fin da bambina manifesta un precoce talento per la scultura. All’epoca le donne non erano ammesse all'accademia di belle arti, ma per Camille viene fatta un’eccezione. Fu così che conobbe Auguste Rodin, celebre scultore affermato nei circoli artistici Parigini, divenendone prima l’allieva e infine l’amante. Quella con Rodin sarà una relazione travolgente ma anche tormentata dai pregiudizi della società e dal rifiuto della famiglia di Camille che disapprovava la sua relazione con Rodin. 
 
Molti lavori di Rodin furono realizzati a quattro mani con Camille, ma mentre Rodin riceveva gli onori, Camille viveva all'ombra, accettando di condividerlo con un’altra donna, dalla quale aveva avuto un figlio. Alla fine Camille interrompe la sua relazione con lo scultore, fu allora che la madre di Camille, che aveva vergogna del comportamento della figlia, decise di farla rinchiudere in manicomio. 
 
Non ne uscirà mai più: inutili i tentativi di far capire che non è pazza, questa donna brillante e geniale resterà segregate per oltre trent’anni in una misera stanzetta. “Mi si rimprovera di aver vissuto da sola, di avere dei gatti in casa, di soffrire di manie di persecuzione! È sulla base di queste accuse che sono incarcerata come una criminale, privata della libertà, del cibo, del fuoco. Da cosa deriva tanta ferocia umana?”
 
Alla fine, dimenticata da tutti, si spegne nel 1943, dopo trent’anni di prigionia. Il suo corpo viene seppellito in una fossa comune, senza che nessun membro della sua famiglia presenzi al suo funerale. Oggi finalmente le è stata resa giustizia e le sue opere vengono esposte accanto a quelle di Rodin.
 
G.Middei
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Il liceo classico? È inutile ormai, non serve più a nulla. Chi lo difende è un classista. 
 
In questi giorni sui giornali non si parla d’altro: sono sempre meno i ragazzi iscritti al classico. Perché? Perché le famiglie sono interessate a uno sbocco lavorativo più immediato. Ecco, fateci caso, oggi quando si parla del latino, del greco, della filosofia, c’è sempre qualcuno che obietta: «certo, sono cose interessanti, ma sono davvero utili? Non è più utile in fondo insegnare a un ragazzo un mestiere?»
 
E la cultura? Si, quella cosa che ti insegna a ragionare, a conoscere te stesso, che ti mostra le cose più belle e profonde che gli uomini hanno mai realizzato, perché non di solo pane vive l’uomo? Ma se parlate così, siete antiquati. Siete obsoleti, vi diranno, non volete stare al passo con i tempi! A cosa servirà a questi ragazzi quando serviranno ai tavoli di un ristorante, quando risponderanno alle chiamate dei clienti, quando smaltiranno pile e pile di pratiche l’aver letto Cicerone e Platone? 
 
Ma indovinate un po’? I classisti, i veri classisti sono loro. Perché non c’è niente di più antiquato e classista che dire questo: insegniamo a un ragazzo un mestiere. Gioverebbe a questi fautori del modernismo, ripassare un po’ di storia. Sapete cosa dicevano gli intellettuali del XIX? Che se ne fa il popolo della letteratura, della storia? Meglio mandarli a bottega, insegnare loro un mestiere, almeno avranno di che campare. 
 
E a cosa serve in fondo a una donna, si domandavano altri, avere un’istruzione? Sarà utile per trovarle un buon marito? No, certo che no, le donne devono fare le donne, insegniamo loro a cantare, a danzare, insegniamo loro l’arte della conversazione, del disegno e del ricamo, non sia mai che si mettano a leggere e poi pensino di essere “intelligenti come un uomo”. Ecco, sarebbe davvero opportuno oggi prestare un po’ più di attenzione alla storia, alla nostra storia, a tutte quelle materie “inutili” come il latino, la storia e la letteratura, ma forse hanno ragione loro, forse non è opportuno educare in questo modo i ragazzi. Non sia mai che poi capiscano da soli che quando il sistema dice loro: imparate un mestiere, non ha a cuore i loro interessi. 
 
G. Middei
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Il mercato ha fiutato nel nostro bisogno disperato di amore l'opportunità di enormi profitti. E ci alletta con la promessa di poter avere tutto senza fatica: soddisfazione senza lavoro, guadagno senza sacrificio, risultati senza sforzo, conoscenza senza un processo di apprendimento. 
 
Basta pensare al cambiamento di valore della parola amico tra ieri e oggi in internet per capire come i rapporti siano diventati facili e superficiali. I nuovi rapporti vivono di monologo e non di dialogo, si creano e si cancellano con un clic del mouse, accolti come un momento di libertà rispetto a tutte le occasioni che offre la vita e il mondo.
 
In realtà, tanta mancanza d'impegno e la selezione delle persone come merci in un negozio è solo la ricetta per l'infelicità reciproca. L'amore invece richiede tempo ed energia. Ma oggi ascoltare chi amiamo, dedicare il nostro tempo ad aiutare l'altro nei momenti difficili, andare incontro ai suoi bisogni e desideri più che ai nostri, è diventato superfluo: comprare regali in un negozio è più che sufficiente a ricompensare la nostra mancanza di compassione, amicizia e attenzione. Ma possiamo comprare tutto, non l'amore. Non troveremo l'amore in un negozio. L'amore è una fabbrica che lavora senza sosta, ventiquattro ore al giorno e sette giorni alla settimana, ha bisogno di essere ri-generato, ri-creato e resuscitato ogni giorno.
 
Zygmunt Bauman, Amore liquido.
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Una volta aveva sognato che tutto il mondo era condannato a esser vittima di una tremenda, inaudita pestilenza, mai vista prima, che avanzava verso l’Europa dal fondo dell’Asia. Erano comparse certe nuove “trichine”, esseri microscopici che penetravano nel corpo umano. Gli uomini che le accoglievano dentro di sé diventavano subito indemoniati e pazzi, eppure non si erano mai creduti così intelligenti e infallibili come dopo il contagio. Mai avevano ritenuto più giusti i loro giudizi, le loro conclusioni scientifiche, le loro categorie e convinzioni morali. 

 

 

Tutti vivevano nell’ansia e non si capivano a vicenda, ciascuno ritenendo di esser l’unico depositario della verità. Non sapevano chi e come giudicare, chi condannare e chi assolvere. Gli uomini si uccidevano tra loro, presi da una rabbia assurda e forsennata.(...) A volte la gente si radunava a gruppi; si mettevano d’accordo su qualcosa, giuravano di non separarsi più, ma subito dopo si mettevano a fare una cosa completamente diversa da quella che loro stessi avevano proposto e ricominciavano ad incolparsi reciprocamente, ad azzuffarsi e a scannarsi. Nel mondo intero, solo pochi uomini avevano potuto salvarsi, i puri e gli eletti predestinati a dar vita a una nuova razza umana e a un nuovo modo di vivere, a rinnovare e purificare la terra; ma nessuno aveva mai visto da nessuna parte questi uomini, nessuno aveva udito mai le loro parole e la loro voce.

 

 

Fedor Dostoevskij, Delitto e Castigo

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