LETTERATURA (2319)

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Ora ognuno tende a separare la propria persona dagli altri, ognuno vuol sentire in se stesso, da solo, la pienezza della vita, ma intanto, invece di questa pienezza, il risultato di tutti i suoi sforzi è un completo suicidio, perché si cade nell’isolamento assoluto. Nel nostro secolo, infatti, gli uomini si sono tutti divisi in tante singole unità, ognuno si ficca nel proprio buco da solo, si allontana dagli altri, si nasconde e nasconde quello che ha, e così va a finire che respinge lontano da sé gli altri uomini e viene a sua volta respinto. 

 

 

Accumula ricchezze in solitudine e pensa: ‘Come sono forte ora, come sono al sicuro!’. E non sa, questo sciocco, che quanto più accumula, tanto più affonda in una impotenza che è autodistruttiva. Perché si è abituato a sperare solo in se stesso, ha abituato la sua anima a non credere nella solidarietà umana, negli uomini e nell’umanità, e trema soltanto all’idea di perdere il suo denaro e i diritti acquistati con esso. (…) Per rifare un mondo nuovo bisogna che gli uomini, psichicamente, si indirizzino su un’altra strada. Finché io non diventerò un fratello per tutti, la fratellanza non ci sarà. 

 

 

Fedor Dostoevskij, I fratelli Karamazov

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Un giorno un uomo di 75 anni viaggiava in treno leggendo un libro durante il tragitto. Al suo fianco viaggiava un giovane universitario. Improvvisamente, il giovane si rende conto che il libro che sta leggendo il vecchio è una Bibbia e gli chiede: «Credi ancora in quel libro pieno di favole e sciocchezze?»

 

 

«Sì certo,» gli rispose il vecchio, «Voi pensate che mi stia sbagliando nel farlo?»

Il giovane rispose: «Certo! Penso che lei, signore, dovrebbe dedicarsi allo studio della scienza e della storia del mondo. Solo persone senza cultura e i fanatici credono ancora in queste sciocchezze. Vi farebbe bene studiare e informarvi meglio! Sapere cosa dicono gli scienziati di queste cose.»

 

 

Il signore anziano con molta calma gli disse: «E dimmi, giovane, è questo che dicono i nostri scienziati della Bibbia?»

Il giovane gli rispose: «Sì, esatto. Ora purtroppo devo scendere, non ho tempo di spiegarti, ma lasciami il tuo nome con il tuo indirizzo, così posso inviarti del materiale scientifico per posta, in modo da illuminarti sulle questioni che contano davvero per il mondo.»

 

 

Il vecchio allora, con molta pazienza, aprì la tasca del cappotto e diede al giovane universitario il suo biglietto da visita. Il giovane prese il biglietto, e nel leggerlo sgranò gli occhi. Sul biglietto c'era scritto: Dottor Louis Pasteur, Direttore dell'Istituto nazionale di ricerca scientifica dell'Università nazionale francese. 

 

 

Fatto accaduto nel 1892. Ora, potete credere o non credere, coltivare in voi il dubbio, sospendere ogni giudizio, farvi paladini dell’ateismo; potete credere in qualsiasi cosa vogliate, ma questa storia insegna una cosa, una cosa soltanto: chi ha la presunzione di sapere, di giudicare l’altro, chi spara sentenze molto spesso finisce per essere come il giovane universitario: uno sciocco presuntuoso. 

 

 

G.Middei

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La letteratura

Ci sono due modi per leggere un libro: potete leggerli con la pancia, come fanno in molti, o potete leggerli con il cuore. 
 
Potete leggere Orgoglio e pregiudizio, pensando soltanto a chi sposerà chi, potete leggere Il conte di Montecristo domandandovi: «ma alla fine Edmond Dantes riuscirà ad ottenere la sua vendetta?» E Raskolnikov invece riuscirà a farla franca? Potete cioè accostarvi alla letteratura in modo distratto, essere assorbiti unicamente dalla trama, pensando «e che succede ora?».  
 
O potete leggere non soltanto per leggere, per passare il tempo, fare cioè della letteratura un momento sacro, uno specchio dove vedere ciò che semplicemente nella vita passa inosservato. La letteratura si differenzia dalla vita in questo: la vita è piena di dettagli che passano inosservati, mentre la letteratura insegna a notare: «a notare, per esempio, come spesso mia madre si strofini le labbra appena prima di darmi un bacio; come la neve fresca «scricchioli» sotto i piedi; come le braccia di un neonato siano così piccine da sembrare legate con uno spago.»
 
La letteratura vi insegna a guardare. E soprattutto vi insegna a capire. A domandarvi perché. Perché Raskolnikov uccide? Perché Elisabeth Bennett è incapace di accettare l’amore di Mr. Darcy? Perché Thomas Buddenbrook odia il fratello tanto profondamente? Cosa spinge il giovane Pips di Grandi speranze? La letteratura fa ciò che la vita non fa: vi offre quel momento di quiete dal caos della vita di tutti i giorni. Vivere significa essere assorbiti da mille impegni, da eventi, accadimenti, doveri; la letteratura invece vi da la possibilità di innalzare il vostro sguardo al di sopra di questa superficie, di vedere più in alto o più in basso; vi trascina nel cuore delle storie che racconta e al tempo stesso vi permette di osservarle con distacco, è come guardare una tempesta, come avere un occhio nel cuore del ciclone. Da i brividi, sapete? 
 
E voi, come leggete? 
 
G.Middei
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«Ciò che così si chiama “opinione generale” è, a ben guardare, l’opinione di due o tre persone; e ce ne convinceremmo se potessimo osservare come si forma una tale opinione universalmente valida.

Troveremmo allora che furono in un primo momento due o tre persone ad avere supposto o presentato e affermato tali opinioni, e che si fu così benevoli verso di loro da credere che le avessero davvero esaminate a fondo: il pregiudizio che costoro fossero sufficientemente capaci indusse dapprima alcuni ad accettare anch'essi l'opinione: a questi credettero a loro volta molti altri, ai quali la pigrizia suggerì di credere subito piuttosto che fare faticosi controlli. Così crebbe di giorno in giorno il novero di tali accoliti pigri e creduloni: infatti, una volta che l'opinione ebbe dalla sua un buon numero di voci, quelli che vennero dopo l'attribuirono al fatto che essa aveva potuto guadagnare a sé quelle voci solo per la fondatezza delle sue ragioni. I rimanenti, per non passare per teste irrequiete che si ribellano contro opinioni universalmente accettate e per saputelli che vogliono essere più intelligenti del mondo intero, furono costretti ad ammettere ciò che era già da tutti considerato giusto. A questo punto il consenso divenne un obbligo. D'ora in poi, i pochi che sono capaci di giudizio sono costretti a tacere e a poter parlare è solo chi è del tutto incapace di avere opinioni e giudizi propri, ed è la semplice eco di opinioni altrui: tuttavia, proprio costoro sono difensori tanto più zelanti e intolleranti di quelle opinioni. Infatti, in colui che la pensa diversamente, essi odiano non tanto l'opinione diversa che egli professa, quanto l'audacia di voler giudicare da sé, cosa che essi stessi non provano mai a fare, e in cuor loro ne sono consapevoli. Insomma: a esser capaci di pensare sono pochissimi, ma opinioni vogliono averne tutti.»

 

 

(Arthur Schopenhauer - L’arte di ottenere ragione)

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C’è una vita a tutti visibile, e ce n’è un’altra che appartiene solo a noi, di cui nessuno sa nulla. Ciò non significa che una sia morale e l’altra immorale, o, dal punto di vista della polizia, l’una lecita e l’altra illecita. Semplicemente, l’uomo di tanto in tanto sfugge a qualsiasi controllo, vive di questa sua vita libera e segreta. (…)

 

L’Inquisizione oppure lo stato totalitario, non possono assolutamente tollerare questa seconda vita che sfugge a qualunque tipo di controllo, e sanno quello che fanno quando organizzano la vita dell’uomo impedendogli ogni solitudine, eccetto quella della stanza da bagno. In questa no man’s land, dove l’uomo vive nella libertà e nel mistero, possono accadere strane cose, si possono incontrare altri esseri simili, si può leggere e capire un libro con particolare intensità, o ascoltare musica in modo anch’esso inconsueto, oppure nel silenzio e nella solitudine può nascere il pensiero che in seguito ti cambierà la vita, che porterà alla rovina o alla salvezza. Se un uomo non usufruisce di questo suo diritto o ne viene privato da circostanze esterne, un bel giorno scoprirà con stupore che nella vita non s’è mai incontrato con se stesso. 

 

Nina Barberova, Il giunco mormorante.

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«Chi non pensa, può “sapere” tutto ed essere ignorante in ogni cosa.»
 
Il filosofo (philosophos, colui che ama la conoscenza) è ben diverso dal sophos, colui cioè che possiede un determinato sapere e dunque è chiamato sapiente. Chi è il filosofo allora? Non chi possiede la verità ma chi ricerca la verità. Ecco in questa precisazione, vi è tutta la differenza del mondo. Il famoso detto socratico «so di non sapere» è il presupposto della filosofia. Se sei convinto di sapere qualcosa, perché mai dovresti metterti in discussione? 
 
L’ho già detto ma lo ripeto: né i diplomi, né i titoli di laurea fanno la cultura. Cultura non è sapere tutto, essere archivi ambulanti di fatti, dati, nozioni. «È curioso a vedere» diceva Leopardi, «che quasi tutti gli uomini che vagliono molto, hanno le maniere semplici.» Cosa intende Leopardi con semplicità? Ecco, c’è un’altra parola, una parola che oggi è completamente passata di moda, che nessuno o quasi usa più: umiltà. La persona saggia è umile, questo vi sta dicendo Leopardi. Disprezza i modi affettati, la presunzione che invece abbonda negli stolti, in quelli che gli antichi greci chiamavano “falsi sapienti”. 
 
Quella in cui viviamo oggi è letteralmente l’epoca dei parolai: tutti vogliono mettersi in mostra, parlano, parlano, parlano, non di rado senza cognizione di causa: infarciscono i loro discorsi con parole sofisticate, con la volontà di umiliare, di far sentire inferiore il proprio interlocutore. «Lei non sa chi sono io», sembrano dire e alle volte te lo dicono proprio in maniera esplicita. Come comportarsi con questi individui? 
 
Ecco, un giorno il filosofo Eraclito venne invitato a una riunione di saggi. La riunione andò avanti per molto tempo, tutti discutevano, argomentavano, parlavano facendo mostra della loro eloquenza, mettendo in mostra tutto il loro sapere. Eraclito invece se ne stava zitto, senza aprire bocca. A un certo punto uno degli altri notò il silenzio del filosofo. «Perché taci?» gli domandò. «Perché voi possiate chiacchierare.» gli rispose. 
 
G.Middei
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Lo sapevate che… il mito della mela della discordia insegna che la gente non è cattiva. È idiota. 

 

 

Un giorno Eris, la dea della discordia, risentita del fatto di non essere stata invitata al banchetto degli dei, lanciò sul tavolo una mela, una bellissima mela dorata dove stava inciso: «Ti callisti», alla più bella. Afrodite, Era ed Atena incominciarono subito a litigarsela e alla fine chiesero a Zeus di assegnarla a colei che reputava la più bella, ma il Re degli dei volle lavarsene le mani. Assegnò a Paride, un mortale, un semplice mortale, questo ingrato compito. 

 

 

Atena promise a Paride che se l’avesse scelta, lo avrebbe reso il guerriero più potente al mondo; Era invece gli promise ricchezze e un potere illimitato sugli uomini; infine Afrodite, che era più astuta delle altre, gli offrì in dono un’altra cosa, una cosa che né la ricchezza, né la fama, né il potere potevano comprare: l’amore della donna più bella di tutte. Chi pensate abbia scelto Paride? Paride scelse Afrodite e per tale motivo Elena, la donna più bella della Grecia, si innamorò perdutamente di lui. Ciò provocò lo scoppio della celebre guerra. 

 

 

Fateci caso in questo mito greco che oggi molti definirebbero obsoleto, superato, un sapere inutile da vecchi classisti, c’è il ritratto più perfetto di tutta l’umanità. C’è l’invidioso che vuole seminare discordia e sa che basta poco per corrompere il cuore e la mente degli altri, c’è la sciocca vanità delle tre dee che pur di sentirsi migliori delle altre sono disposte a tutto.

 

 

E c’è chi avrebbe avuto il potere di mettere fine a tutto, ma per indifferenza preferisce “lavarsene le mani”. Perché? Perché è molto più comodo, più semplice, meno faticoso abdicare alle proprie responsabilità; Zeus lascia che le cose seguano il proprio corso, non che egli sia malvagio o corrotto, semplicemente trova più conveniente per se stesso non immischiarsi. Questi individui sono gli eterni indifferenti della storia, quelli che vedono il male ma non fanno nulla per evitarlo, quelli che «lasciano» come diceva Gramsci, «promulgare quelle leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, salire al potere quegli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare.» Ecco qual è il problema, il vero problema dell’umanità: gli idioti abbondano, i più se ne lavano le mani, e gli unici a trarne vantaggio sono i malvagi. 

 

 

G.Middei

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La maestra

C’era una volta la Signora Maestra. Eh sì, la Maestra, unica, una per ogni classe, che insegnava tutte le materie e che solitamente non cambiava mai per tutta la durata delle scuole elementari.

La Scuola Elementare, nel vero senso della parola. Una volta si chiamava così, elementare perchè apprendevi i primi insegnamenti.

Passavi più tempo con lei che con la mamma, perchè Lei, la Maestra, era lì per te, per seguirti, istruirti, educarti, farti crescere culturalmente ma anche emotivamente. Lei ti conosceva perfettamente, sapeva i tuoi punti deboli, sia scolastici sia caratteriali. Sapeva come ti relazionavi con gli altri compagni, sapeva se oggi eri triste o allegra, cercava di metterti a tuo agio durante una interrogazione o una recitazione a memoria di una poesia. Lei ti conosceva talmente bene che capiva se ti era successo qualcosa, se non avevi dormito bene, se stavi covando una influenza. La maestra... che ti conduceva, mano nella mano, sui sentieri della vita.

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