Ci sono due modi per leggere un libro: potete leggerli con la pancia, come fanno in molti, o potete leggerli con il cuore.
Potete leggere Orgoglio e pregiudizio, pensando soltanto a chi sposerà chi, potete leggere Il conte di Montecristo domandandovi: «ma alla fine Edmond Dantes riuscirà ad ottenere la sua vendetta?» E Raskolnikov invece riuscirà a farla franca? Potete cioè accostarvi alla letteratura in modo distratto, essere assorbiti unicamente dalla trama, pensando «e che succede ora?».
O potete leggere non soltanto per leggere, per passare il tempo, fare cioè della letteratura un momento sacro, uno specchio dove vedere ciò che semplicemente nella vita passa inosservato. La letteratura si differenzia dalla vita in questo: la vita è piena di dettagli che passano inosservati, mentre la letteratura insegna a notare: «a notare, per esempio, come spesso mia madre si strofini le labbra appena prima di darmi un bacio; come la neve fresca «scricchioli» sotto i piedi; come le braccia di un neonato siano così piccine da sembrare legate con uno spago.»
La letteratura vi insegna a guardare. E soprattutto vi insegna a capire. A domandarvi perché. Perché Raskolnikov uccide? Perché Elisabeth Bennett è incapace di accettare l’amore di Mr. Darcy? Perché Thomas Buddenbrook odia il fratello tanto profondamente? Cosa spinge il giovane Pips di Grandi speranze? La letteratura fa ciò che la vita non fa: vi offre quel momento di quiete dal caos della vita di tutti i giorni. Vivere significa essere assorbiti da mille impegni, da eventi, accadimenti, doveri; la letteratura invece vi da la possibilità di innalzare il vostro sguardo al di sopra di questa superficie, di vedere più in alto o più in basso; vi trascina nel cuore delle storie che racconta e al tempo stesso vi permette di osservarle con distacco, è come guardare una tempesta, come avere un occhio nel cuore del ciclone. Da i brividi, sapete?
E voi, come leggete?
G.Middei
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