Abbiamo un cervello: usiamolo.
Copernico, Galileo, Newton non avevano i computer, non avevano le calcolatrici. Pensate che Eratostene calcolò la circonferenza della terra grazie a dei semplici bastoni che proiettavano delle ombre. Oggi invece senza una calcolatrice perfino una semplice addizione mette in crisi ragazzi e adulti.
Ma forse questi uomini erano dei geni? Avevano due occhi, due orecchie, un cervello proprio come noi. Non erano diversi da noi. Ascoltavano, osservavano, pensavano, tutto qui. Ecco ciò che facevano, ecco il segreto della loro intelligenza. “Leggere dentro”, dal latino intus (dentro), e legere (leggere), questo significa la parola intelligenza, significa guardare le cose, non con superficialità, fretta, passività, ma guardare dentro, guardare oltre per coglierne gli aspetti nascosti, meno evidenti.
Ricordate come una volta si facevano le ricerche? Prendevamo in mano delle vecchie enciclopedie, le sfogliavamo, le lèggevamo, le mettevamo a confronto. Era un lavoro lungo, faticoso, non voglio negarlo. Oggi invece basta un click. Qualsiasi cosa cerchi, puoi trovarla su Google. Vuoi sapere in che anno è stata combattuta una certa battaglia? Chi ha inventato il grammofono? Come si chiama l‘uomo che ha dipinto La ronda dei carcerati? Ma questo non è sapere. Non vi servirà a niente sapere che un tizio di nome Van Gogh ha dipinto la Ronda dei carcerati e non vi servirà a niente sapere che la rivoluzione francese è avvenuta nel 1789, se vi limitate ad assimilare in modo passivo queste informazioni.
Qualcuno obietterà: ma grazie a internet è tutto più semplice, facile, immediato. È anche molto più comodo, no? Forse, ma era durante questo processo del leggere, mettere a raffronto, ricercare che nasceva qualcosa, qualcosa che oggi manca: il senso critico. Quando lèggiamo un giornale, ascoltiamo una trasmissione, e ripetiamo a pappagallo ciò che abbiamo letto, sentito, ascoltato: non stiamo pensando. Non stiamo ragionando. Ci limitiamo a fare da cassa di risonanza per i pensieri e le parole pensate da altri cervelli. Prendiamo in prestito i loro cervelli, e diventiamo noi stessi cervelli presi in prestito. Superflui. Non necessari.
G.Middei